UNA SINISTRA CREDIBILE PER LE ELEZIONI EUROPEE
Mai più questa Europa guai senza Europa
di Sergio Zampini
Il governogialloverdedelcambiamento, l’opposizione assente, l’invasione dei migranti, le ong criminali, l’assenza dell’opposizione, la sinistra in Europa divisa, neanche l’idea di una soggettività a sinistra appena sufficiente, in questo quadro a fine maggio 2019 si voterà per eleggere il nuovo Parlamento Europeo.
Valutando l’elenco di cui sopra verrebbe da dire: non è cosa per la sinistra ma a quelle elezioni, per mia formazione, bisognerà pur votare e allora che fare? Innanzitutto il titolo del tema : “Quale Europa nello scenario globale?”.
Attraversata da tensioni neo sovraniste, rancori identitari ed egotismo dilagante figli delle politiche perseguite e dell’atrocità sociale conseguentemente prodotta, l’Europa dell’austerity e dell’impoverimento di troppi, delle guerre in Africa e dell’odio razziale, questa Europa non è presentabile. Non sono presentabili le forze socialdemocratiche e centriste co-responsabili degli esiti descritti. L’unica proposta marciante in questa fase di passioni cruente è quella della destra xenofoba e nazionalista che con slogan semplici “aiutiamoli a casa loro” e “ ognuno padrone a casa sua “ alimenta in pulsioni securitarie e sentimenti egoistici la frantumazione dell’Europa .Questo avviene mentre la crisi, o meglio la nuova declinazione della globalizzazione, assume caratteri neosovranisti (protezionismo,frontiere, dazi..) che sembrerebbero ridare ruolo allo stato nazione. Non è proprio così, anche questo stop globalista misura le sue attitudini in spazi, ambienti, mercati e aree di influenza che si fronteggiano grandi almeno come tre continenti europei e scimmiottare tali politiche con il sovranismo nazionale scaturito dal Congresso di Vienna e successive modificazioni nell’illusione che ciascuno stato nazione europeo possa competere in questo scenario (fatta salva forse la Germania) è indice di grave disfunzionalismo ottico o malafede.
I diversi populismi di rigetto che si sono affermati nelle recenti elezioni sono un indicatore della crisi dell’impianto economico ed istituzionale europeo e della crisi che questo modello ha prodotto nei suoi Stati membri, con sconvolgimenti degli assetti politici che hanno messo e metteranno sempre più in crisi gli attori delle politiche attuate. E allora come declinare una proposta che possa riconnettere L’Europa e la sinistra ai suoi popoli?
Il conflitto tra centro e sinistra coalizzati si è risolto in Germania con la vittoria del primo, con il secondo che dentro quello schema per incapacità o connivenza ha scelto di perdere (stella polare il surplus commerciale); in Francia il confronto ha avuto il medesimo esito pur con governi di diverso colore alternatisi dentro una gestione dei bilanci che faceva del sistematico sforamento dei parametri europei l’alter ego al surplus commerciale tedesco. Altri stati del nord Europa strapparono fin dall’inizio clausole a tutela delle proprie monete e prerogative economiche e di sovranità (Bulgaria,Croazia,Danimarca,Polonia,RegnoUnito,Repubblica,Ceca,Romania,Svezia).Complessivamente i parametri assunti e la direzione di marcia dell’Europa sono sbilanciate a favore dei Paesi del Nord.
Ed a Sud?
Abbiamo accettato il dogma che fuori dall’euro saremmo morti, il nostro debito ci avrebbe schiacciati e non abbiamo, destra e sinistra sostanzialmente unite, provato a contrattare alcunchè.
Di più, a fronte dell’affermarsi delle convergenze politiche nord europee siamo stati afoni nell’intessere relazioni ed accordi politici euromediterranei utili sul piano negoziale. Conniventi nelle costose politiche di annessione ad est in chiave anti Russia; non una parola sullo strangolamento della Grecia e del suo popolo. Attenti solo a trattare elemosine di flessibilità.
Su questi macrosopici errori ed inadeguatezze il confronto destra-sinistra si confonde, emerge solo l’inconsistenza dei ceti politici e delle elites economiche nazionali.
In Italia emergono provincialissimi confronti tra sovranisti illusi di poter competere nello scenario globale come stato nazione pensando di avere le dimensioni di Stati Uniti Russia o Cina ed acefale sinistre che abbaiano all’Europa per fare schermo alla propria irrilevanza politica e assenza di proposta; o già sinistre che rivendicano orgogliosamente l’arretramento dei diritti del lavoro e l’aumento delle povertà prodotte. La sinistra sindacale europea non riesce ancora a liberarsi dai piccoli egoismi nazionali a tutela di qualche privilegio; impedimento colpevole verso il dispiegarsi di una visione generale ed internazionalista del conflitto capitale-lavoro, finanza algoritmica-sviluppo sociale ed umano, predazione delle risorse e tutela del pianeta.
Le ultime elezioni in Germania sanciscono che non è più indiscutibile la permanenza ed il futuro della socialdemocrazia. Per contro le sinistre di alternativa che avevano avuto momenti di crescita dopo il crollo post ’89 ( Germania, Grecia, Spagna, Francia, Portogallo) si trovano a dibattere su questioni di prospettiva strategica con esiti incerti e prospettive di rischio per la stessa tenuta di quelle esperienze. La crisi economica perdurante con una ripresa poco significativa e già claudicante, l’affermazione degli egoismi nazionali non aiutano il quadro. La domanda diventa allora se il campo di gioco può essere ancora l’Europa o no.
Qui si apre un altro serio e corposo dibattito, e cioè se possa essere ipotizzato ( sul piano della analisi concreta della situazione concreta) nel medio periodo, o meglio in un ragionevole futuro una rottura rivoluzionaria con messa in discussione radicale del sistema capitalistico. La maggioranza delle elite politiche e la consistenza dei movimenti organizzati in essere congiurano a scartare questa ipotesi. Dentro questo scenario resterebbe a sinistra la pratica politica del compromesso e della guerra di posizione che però va resa credibile affermando senza ambiguità la necessità del superamento degli attuali assetti economici, politici ed istituzionali dell’Europa. La costruzione di un’altra Europa, l’organizzazione del consenso sociale , le pratiche politiche alternative, le esperienze di disobbedienza, l’organizzazione del conflitto per la tutela del lavoro, dei diritti e dell’ambiente non sono in contraddizione con la politica del compromesso. Anche questo quadro non è comunque stabilizzato.
Avanzano anche a sinistra le posizioni euroscettiche e gli invocati piani B pur nelle diverse connotazioni di Varoufakis e Melenchon ( più euroscettico) hanno assunto la connotazione di un confronto troppo serrato tra le varie anime della sinistra di alternativa che non può essere risolto a tavolino o in dispute teologiche. Si tratta di argomenti che, pur importantissimi, potranno essere affrontati solo nel momento in cui se ne determinerà l’esigenza nel quadro che si darà. Pertanto vanno tenute come elemento di riflessione sullo sfondo senza farlo precipitare in elemento di divisione strategica di fondo, a meno che questa divisione non voglia essere usata strumentalmente ad uso e consumo dei destini di questo o quel leader politico. Nei prossimi mesi potremmo assistere ad una varietà di soggetti che si affacceranno a sinistra nella competizione elettorale europea con varietà di posizioni anche nei singoli paesi tra soggetti appartenenti alla stessa famiglia della sinistra europea; non è auspicabile ma se dovesse accadere bisognerà provare a non far venire meno la collaborazione successiva nel quadro politico europeo che si determinerà perchè non è il tempo degli anatemi. In Italia in vista delle elezioni europee la situazione a sinistra è drammatica, al momento non esiste opposizione sociale, l’opposizione parlamentare balbetta, un soggetto organizzato e maturo non si vede all’orizzonte. Eppure da qui partiamo e da qui proviamo a riconnettere le fila. C’è la necessità che le sinistre di alternativa non coinvolte nella gestione del neoliberismo avanzino una proposta politica ed organizzativa per presentarsi con una sola lista alle elezioni europee del prossimo Maggio. Da che cosa ripartire? Da quel che c’è. Dalle esperienze del civismo che si sono misurate nelle elezioni amministrative, dalle esangui organizzazioni partitiche che pure generosamente rimangono a disposizione, da quelle in costruzione, dalle tante donne che affermano protagonismo e rivendicano diritti, dagli esclusi dal lavoro, dai sindacati e dalle organizzazioni sociali, da quelle comunità reali ma anche digitali che respirano un’altro modo di vivere e relazionarsi, dalle tante e dai tanti che quotidianamente provano a rompere le catene dell’infelicità. Partiamo anche dalle personalità che in questi anni hanno resistito dalle trincee amministrative ai diktat dei bilanci ingessati: il Sindaco di Napoli, i tanti altri coraggiosi ed innovativi amministratori, gli entusiasmi giovanili che si sono attivati alle elezioni, gli intellettuali non ancora rassegnati, non facendo più di nessuna/o il velo alle nostre inadeguatezze ma solo la somma delle esperienze concrete maturate quale valore aggiunto di una nuova comunità in cammino che ridefinisce se stessa il suo ruolo e la sua funzione. Un atteggiamento impegnativo e credibile che non può esaurirsi in una lista elettorale ma che assume l’impegno di continuare il processo di costruzione della nuova soggettività per la sinistra. Nel corso dei tentativi effettuati si può dire che abbiamo perso non solo in capacità organizzativa oltre che in incidenza politica, ma per errori soggettivi e collettivi anche in credibilità; allora bisogna cambiare tutto e tutti, anche le modalità delle discussioni. Non è importante “chi convoca chi”, non avrà alcuna primogenitura perchè nessuna primogenitura sarà più riconosciuta, ma si convochi un’assemblea generale che avvii la riflessione e assuma le decisioni organizzative. Abbiamo bisogno di un’Europa del lavoro e dei diritti che ritorni attore nello scenario globale. Avanziamo la proposta di un new deal europeo con una sorta di piano Marshall per l’Africa ( ponendo il tema in tutti i consessi internazionali ma contemporaneamente mettendolo in atto anche in forma autonoma seppur parziale) lavoriamo a un peso maggiore delle sinistre euromediterrranee per ridefinire i contorni di un cammino verso gli Stati Uniti d’Europa, proviamo a riprendere insomma il cammino federalista per ridare vicinanza e prossimità decisionale tra istituzioni e cittadini, sarà da questo nuovo assetto che si potrà dare nuova funzione ai precedenti assetti istituzionali nazionali. Da questo possiamo partire per ricostruire un’idea originale ed autonoma della sinistra italiana per l’Europa, uscendo da una minorità politica fuori dalla nostra cultura ed impedendo che le eventuali divisioni della sinistra europea facciano della sinistra italiana muta il terreno di altrui battaglie. Possiamo aiutare la ricomposizione di alcune divisioni e contribuire a scegliere come in passato un unico candidato a Presidente della Commissione. Provare a definire una strategia europea universalistica dei diritti del lavoro e del welfare. Insomma non possiamo competere con questa Europa nel mercato globale , non possiamo farla percepire madre premurosa nell’immaginario dei suoi popoli , ma senza di essa moriamo per insignificanza politica culturale ed economica. Qui siamo e da qui bisogna ripartire, è il momento della riorganizzazione di un pensiero e di un soggetto politico che va confrontato in grandi convenzioni pubbliche trans- nazionali che mettano ciascuno dinanzi alle proprie responsabilità e che abbiano al centro non solo le modalità con le quali uscire dalla depressione per l’assenza di un modello alternativo ma che faccia dell’alternativa di vita , di valori e di comportamenti la base per un cambio di prospettiva prima di tutto sul piano etico e culturale verso un nuovo Umanesimo continentale. Questo processo è insieme formativo, culturale e, informativo veicolato quindi attraverso risorse economiche da raccogliere. Possiamo uscire dal novecento e dalle sue forme organizzate ed irrompere nel terzo millennio portando a valore le esperienze maturate non sommando solo le sconfitte, ma anche quello che si è sperimentato nelle azioni, nelle relazioni e di come le forme autonome si sono organizzate hanno parlato e si sono plasmate nella società mutata. Anche il processo organizzativo bisogna quindi affrontare, un processo che non può prescindere da una piattaforma digitale dove si mescolano decisioni ed approfondimenti politici, comunità artistiche e culturali, esperienze lavorative comunitarie e social-commerce; uno spazio utile anche alla autoproduzione di reddito. Non l’unico strumento, ma quello che affianca le comunicazioni e le relazioni personali “in presenza” che non pensiamo possano essere eliminate . Organizzare una molteplicità comune che respira come un quartiere ”altro” nelle città, negli Stati da integrare e nell’Europa da costruire. La ricostruzione di un programma alternativo va oltre i confini nazionali con un’assunzione di responsabilità individuale e collettiva che dia il senso e l’orgoglio di lavorare per l’umanità. E’ ancora qui in Europa che si può giocare una partita globale assumendo i fondamentali della sua civiltà. L’Europa può diventare federale, dei popoli, affrontare la modifica strutturale dei suoi assetti istituzionali e provare a giocare un nuovo ruolo politico economico e culturale nello scenario globale. L’alternativa cammina al di fuori delle politiche in essere , ha il pregio della visione della tutela della terra e delle specie per la felicità di tutti contro la logica a breve della finanza di rapina. Lo scenario da perseguire è quello del conflitto sul piano europeo per verificare fino in fondo la possibilità di democratizzarne sostanzialmente le istituzioni ed i rapporti di produzione e riproduzione. Saranno un programma e uno scontro impegnativi, per verificare fino in fondo quanto la tenuta del quadro europeo sta a cuore all’establishment economico continentale e su questo sfidarli nella direzione di una armonizzazione reale (sociale,economica,fiscale,dei diritti etc). Se ciò non si realizzerà sarà perchè i vari egoismi avranno trovato un loro tornaconto o economico o di mantenimento nazionale del potere da parte di elite squalificate. Prima di quel punto sempre la sinistra deve darsi il compito di denunciare fino in fondo i trattati e la concezione di un’Europa fortezza con atti resistenti e disobbedienti perchè rimanga il seme dal quale possa germogliare comunque un’altra possibilità per nuovi e diversi processi di armonizzazione democratica.
Questo scontro necessita di relazioni politiche ed organizzative transnazionali per la democratizzazione dell’assetto ordoliberista e contrastarne fino a che possibile la disgregazione europea annunciata.
Incontrimoci e dibattiamo alla luce del sole con tutte le organizzazioni politiche della Sinistra Europea e del Gue, questi il nostri riferimenti; con tutti i movimenti ed i soggetti sociali che non si sono arresi al liberismo ed alla “democratura”, costringiamoci ad alzare lo sguardo oltre il nostro ombelico. Ricominciamo dall’Europa guardando al mondo, scegliamolo come destino e facciamone comunità. Incontriamoci a Settembre in Italia confrontiamoci e avanziamo le nostre proposte Questa Europa è condannta al declino ed alla disgregazione un’altra Europa è l’unica possibilità. Cominciamo a Settembre.