L’EUROPA DA RIFARE E NESSUNA RIDOTTA DA DIFENDERE (Sergio Zampini)

“Primum vivere deinde philosophari”, 
così la tregua armata del dopoguerra ha plasmato
le azioni dei partiti politici occidentali all’interno di un processo
di crescita e sviluppo caratterizzato da guerre a bassa intensità
esportate e colpi di stato sanguinosi nei Paesi ricchi di materie
prime. 
Ciò ha salvaguardato la tenuta dell’alleanza USA- Europa pur
dentro il perenne scontro intercapitalista ed il confronto
geopolitico-militare con l’est statalista.I dieci anni di crisi
economica, la globalizzazione delle merci della finanza e dei mercati,
l’austerità economica per i popoli anzichè politiche di sviluppo e
redistributive, la fine dell’egemonia globale statunitense e la
rottura politica tra Usa e Europa determinano la necessità
dell’abbandono della citazione latina per i partiti eredi della
tradizione politica del novecento e soprattutto per la sinistra uscita
morta dal secolo breve.
Il “primum vivere” è stata anche della sinistra
fallimentare che voleva temperare il neoliberismo, ed il “primum
vivere” è la macchia dove sono rifugiati i partitini della sinistra
radicale cultori di una storia che fu.Assistiamo così a sinistra a
vere e proprie convulsioni sui temi posti da quello che un tempo
veniva definito avversario di classe. in assenza della classe “per
sé”.
Pensiamo al dibattito a sinistra sulla sovranità brandita contro
il neoliberismo, senza voler sminuire nessuno e senza voler
semplificare concetti complessi, questo dibattito tende
sostanzialmente a confondere gli elettori non parlando chiaramente del
fatto che negli attuali rapporti di forza tra neoliberisti sovranisti
e neoliberisti globalisti la lotta è intercapitalista e gli sfruttati
e gli esclusi non hanno più voce.Oppure la questione dei migranti (che
dovremmo meglio definire erranti se alla globalizzazione delle merci e
dei capitali si vuole accompagnare il diritto delle persone alla
ricerca delle opportunità) che in una parte del dibattito a sinistra
viene definito nuovo esercito industriale di riserva, mutuando Marx.
Ma per Marx, l’esercito industriale di riserva è costituito da
sovrappopolazione ed ha tre componenti: fluida (i licenziati che
cercano nuova occupazione), stagnante (il precariato che esisteva
anche ai tempi di Marx ed Engels), e latente (popolazione rurale in
via di inurbamento). 
A parte la sovrappopolazione latente, che si è
pressoché esaurita in Occidente, le altre categorie non richiedono che
il capitale attinga a fonti esterne per rimpolpare l’esercito dei
disoccupati: basta creare delle divisioni di condizione occupazionale
all’interno della classe lavoratrice già disponibile; cosa già
largamente perseguita e ottenuta. Poi l’altro mantra è che gli
immigrati ci rubano il lavoro e questo crea conflittualità e rivalità
tra lavoratori di altri paesi. 
Per Marx tuttavia questo fenomeno
popolare di rivalità con proletari di altre nazionalità fa comodo ai
padroni ed i padroni stessi lo fomentano continuamente. 
Ecco, a
sinistra come mosche impazzite dentro al bicchiere, proviamo a
maneggiare agende e parole d’ordine dettate dal capitale ed abbiamo
perso di vista la composizione del nuovo proletariato, la
organizzazione del capitale e le modalità della sua propaganda che
ordina la vita sul pianeta.In questo quadro sintetico risalire la
china visti anche gli attuali rapporti di forza ed i meccanismi
ordinamentali messi in campo dal neoliberismo è impresa quasi
disperata ma abbiamo scelto di continuare a provarci. 
Come declinare
allora una proposta che possa riconnettere L’Europa e la sinistra ai
suoi popoli? Il conflitto tra centro e sinistra coalizzati si è
risolto in Germania con la vittoria del primo, con il secondo che
dentro quello schema per incapacità o connivenza ha scelto di perdere
(avendo scelto come obiettivo il surplus commerciale); in Francia il
confronto ha avuto il medesimo esito pur con governi di diverso colore
alternatisi dentro una gestione dei bilanci che faceva del sistematico
sforamento dei parametri europei l’alter ego al surplus commerciale
tedesco. Altri stati del nord Europa strapparono fin dall’inizio
clausole a tutela delle proprie monete, prerogative economiche e di
sovranità (Bulgaria, Croazia, Danimarca, Polonia, Regno Unito,
Repubblica Ceca, Romania, Svezia.). 
Sulla base di tali parametri la
direzione di marcia dell’Europa è sbilanciata a favore dei Paesi del
Nord.Ed a Sud cosa resta? Abbiamo accettato il dogma che fuori
dall’euro avremmo subito una penalizzazione, il nostro debito ci
avrebbe schiacciati e la destra e la sinistra in tal caso
“sostanzialmente” unite, non hanno provato a contrattare alcunchè.
Inoltre, a fronte dell’affermarsi delle convergenze politiche
nord-europee siamo stati incapaci di intessere relazioni ed accordi
politici euromediterranei utili sul piano negoziale. Si è tenuto un
atteggiamento subalterno nelle costose politiche di annessione ad est
in chiave anti Russia; non si è detta una parola sullo strangolamento
della Grecia e del suo popolo, sono stati attenti solo a trattare
elemosine di flessibilità.
Su questi macroscopici errori ed
inadeguatezze il confronto destra-sinistra si confonde, emerge solo
l’inconsistenza dei ceti politici e delle èlites economiche nazionali.
La sinistra sindacale europea non riesce ancora a liberarsi dai
piccoli egoismi nazionali a tutela di qualche privilegio; è un
atteggiamento che impedisce il dispiegarsi di una visione generale ed
internazionalista del conflitto capitale-lavoro, finanza
algoritmica-sviluppo sociale ed umano, predazione delle risorse e
tutela del pianeta.Le elezioni in Germania sanciscono che non è più
indiscutibile la permanenza ed il futuro della socialdemocrazia. Per
contro le sinistre di alternativa che avevano avuto momenti di
crescita dopo il crollo post ’89 (Germania, Grecia, Spagna, Francia,
Portogallo) si trovano a dibattere su questioni di prospettiva
strategica con esiti incerti e prospettive di rischio per la stessa
tenuta di quelle esperienze. 
Abbiamo bisogno di un’Europa del lavoro e
dei diritti che ritorni attore nello scenario globale. Avanziamo la
proposta di un new deal europeo con una sorta di piano Marshall per
l’Africa ( ponendo il tema in tutti i consessi internazionali ma
contemporaneamente mettendolo in atto anche in forma autonoma seppur
parziale) lavoriamo a un peso maggiore delle sinistre
euromediterrranee per ridefinire i contorni di un cammino verso gli
Stati Uniti d’Europa, proviamo a riprendere  il cammino federalista
per ridare vicinanza e prossimità decisionale tra istituzioni e
cittadini, sarà da questo nuovo assetto che si potrà definire nuova e
diversa funzione ai precedenti assetti istituzionali nazionali. Il
tempo non è variabile indipendente per la credibilità di una proposta
politica, il tempo per il cambiamento da proporre per l’Europa è la
prossima legislatura. 
Questa politica va sostenuta agendo le lotte,
unificandole a livello europeo avviando pratiche di unità tra i
soggetti dell’alternativa in Europa e nel Mediterraneo e questo è il
tempo di agire oltre gli schemi fino ad ora praticati ed infrantisi
sul muro della unanimità dei consensi per la modifica dei trattati. Un
nuovo inizio che supera il tempo infinito delle politiche conniventi
delle sinistre della terza via, e contemporaneamente rompa
nell’immaginario dei ceti impoveriti la sensazione della resa.
Lavoriamo per consegnare ai popoli una Europa federale se l’insipienza
e l’ingordigia delle classi dominanti non la faranno implodere in
egoismi nazionali. 
Il potere statuale nazionale non è un argine all’
accumulazione del capitale se non nelle fasi di rottura rivoluzionaria
ma una sua modalità, gli stati in questa fase hanno ciecamente cercato
di adattare la propria struttura sociale, fiscale ed economica alle
esigenze delle multinazionali per catturare investimenti ad ogni costo
. Questa competizione fra primazie nazionali, ordinamenti del
capitale, ritardi della sinistra hanno ossificato ogni spazio politico
sovranazionale . 
Alla luce anche di questo quadro agire un’Europa
delle Costituzioni democratiche ed antifasciste contro le politiche
economiche che annichiliscono i popoli può essere una campagna di
ri-sensibilizzazione ai temi democratici e solidali.  
Va ricostruita
un’idea originale ed autonoma della sinistra italiana per l’Europa,
facendo in modo che le eventuali divisioni della sinistra europea non
facciano della sinistra italiana il terreno di altrui battaglie.
Possiamo aiutare la ricomposizione di alcune divisioni e contribuire a
scegliere come in passato un unico candidato a Presidente della
Commissione. Provare a definire una strategia europea universalistica
dei diritti del lavoro e del welfare. Lo scenario da perseguire è
quello del conflitto sul piano europeo per verificare fino in fondo la
possibilità di democratizzarne sostanzialmente le istituzioni ed i
rapporti di produzione. Saranno un programma e uno scontro
impegnativi, per verificare fino in fondo quanto la tenuta del quadro
europeo sta a cuore all’establishment economico continentale e su
questo sfidarlo nella direzione di una armonizzazione reale (del
lavoro, sociale, economica, fiscale, dei diritti etc.). 
Se ciò non si
realizzerà sarà perchè i vari egoismi avranno trovato il loro
tornaconto, a quel punto sempre la sinistra deve darsi il compito di
denunciare i trattati e la concezione di un’Europa fortezza con atti
resistenti e disobbedienti perchè rimanga il seme dal quale possa
germogliare comunque un’altra possibilità per nuovi e diversi processi
di armonizzazione democratica.Tra il 1999 e il 2003 a Porto Alegre,
Seattle, Genova, Firenze 2002, La Seconda Potenza Mondiale (Il 15
febbraio 2003 trenta milioni di persone in 800 città del mondo
manifestarono contro l’imminente invasione americana dell’Iraq), nelle
grandi proteste globali i movimenti di lotta intuirono la necessità di
intervenire sullo stesso terreno globale dell’accumulazione del
capitale.Quel movimento fu ricacciato indietro dalla violenza di
governi nazionali che attraverso politiche di emergenza aumentavano il
proprio potere di controllo.Quel movimento, rappresentò la prima
prospettiva politica che faceva i conti con la realtà della
globalizzazione.Quei temi non sono desueti, hanno rappresentato
l’embrione della nuova strategia e vanno ancora indagati ed agiti,
debbono essere aiutati con l’organizzazione a scavare nelle società e
nel tempo odierno, c’è la necessità che le sinistre di alternativa non
coinvolte nella gestione del neoliberismo avanzino una proposta
politica ed organizzativa per presentarsi con una sola lista alle
elezioni europee del prossimo Maggio che preluda e dichiari la
necessità di una costituente di un nuovo soggetto politico. Da che
cosa ripartire? Da quel che c’è. Dalle esperienze del civismo che si
sono misurate nelle elezioni amministrative, dalle esangui
organizzazioni partitiche che pure generosamente rimangono a
disposizione, da quelle in costruzione, dalle tante donne che
affermano protagonismo e rivendicano diritti, dagli esclusi dal
lavoro, dai sindacati e dalle organizzazioni sociali, da quelle
comunità anche digitali che respirano un altro modo di vivere e
relazionarsi, dalle tante e dai tanti che quotidianamente provano a
rompere le catene dell’infelicità. Partiamo anche dalle personalità
che in questi anni hanno resistito da alcune  trincee amministrative
ai diktat dei bilanci ingessati e delle regole inumane; i sindaci
disobbedienti, i tanti  coraggiosi ed innovativi amministratori, gli
entusiasmi giovanili che si sono attivati alle elezioni, gli
intellettuali non ancora rassegnati, i lavoratori in lotta per la
difesa del proprio posto di lavoro nelle tante vertenze aperte, da
quei lavoratori autonomi e da quelle piccole imprese impoveriti dalle
politiche di austerità, non facendo più di nessuna/o il velo alle
nostre inadeguatezze  ma solo la somma delle esperienze concrete
maturate quale valore aggiunto di una nuova comunità in cammino che
ridefinisce se stessa il suo ruolo e la sua funzione. Un atteggiamento
impegnativo e credibile che non può esaurirsi in una lista elettorale
ma che assume l’impegno di continuare il processo di costruzione della
nuova soggettività per la sinistra. Ricominciamo da qui e dall’ Europa
per cambiare il mondo, questa Europa è condannata al declino ed alla
disgregazione, il pianeta alla catastrofe ambientale ed umana,
un’altra Europa e la salvaguardia del pianeta sono l’unica
possibilità. Se la politica e la sinistra sono il nostro destino il
compito oggi è rifarne comunità.
Sergio Zampini