Siamo compagne e compagni per lo più iscritti a Sinistra Italiana ma anche indipendenti, appartenenti all’area dell’Altra Europa con Tsipras che, più o meno tutti, hanno incrociato nel recente passato l’esperienza del Brancaccio.
Siamo molto critici – e preoccupati – del buco nero in cui da anni è precipitata la Sinistra di trasformazione, divenuta essa stessa fattore non secondario della grave situazione economica e sociale del Paese e – in particolare – della sua lunga, inconclusa, paralizzante ed inquietante crisi politica, che sta degradando in autentica consunzione della democrazia.
Da troppo tempo in Italia non c’è connessione fra sociale e politico, fra la protesta, il disagio, la domanda, anche tumultuosa e confusa, sul piano sociale e la rappresentanza politica.
La Sinistra si è mostrata disincarnata, inadeguata e frantumata, non all’altezza della sfida della crisi, delle contraddizioni determinate ed imposte dal sistema capitalistico, non al livello delle lotte e della progettualità necessarie per affrontarla.
In altri Paesi d’ Europa le sinistre hanno trovato un nuovo protagonismo, quantomeno sul piano preliminare di una lucida analisi della fase e dei compiti conseguenti che ne derivano, sul piano di una posizione di rigorosa alternativa programmatica, sul piano del sistema politico e della politica delle alleanze, sul piano degli sforzi di innovazione e di riforma del modo di fare politica, pure in un quadro che resta molto difficile ed aspro.
In Italia invece abbiamo continuamente sprecato occasioni e perso treni per iniziare un nuovo percorso.
Ciò è accaduto perché, sulla scorta di una analisi sbagliata e debole della crisi e della fase, abbiamo mancato di misurarci con alcune fondamentali necessità.
– La prima: la necessità del rilancio del conflitto sociale, anche in forma originale e in una ottica larga, quale presupposto della modifica dei rapporti di forza come unico e sicuro ancoraggio di una nuova stagione culturale (intellettuale e morale) e di un nuovo corso politico.
– La seconda: la necessità della ricostruzione, in un disegno di medio-lungo periodo, di un programma di incisivi cambiamenti della struttura, sostenuto da una coalizione sociale plurale ed innovativa in grado di fare i conti per davvero con le coordinate del capitalismo globale, liberista e finanziario (con la sua crisi) e di costruire un progetto orientato ad una radicale ma, al contempo, realistica e fondata, (per capacità di elaborazione, grado di fattibilità e livello di coscienza e mobilitazione delle forze sociali), strategia di trasformazione dell’Italia e dell’Europa, procedente per tappe e per rotture inevitabilmente parziali ma con dall’impatto significativo sugli assetti di potere e sui rapporti sociali, verso una direzione altra (per esempio eliminando il pareggio di bilancio in Costituzione e modificando radicalmente i Trattati Europei).
– La terza: la necessità, forse ancora più importante, dato il vuoto politico e la carenza di pensiero strategico, della “organizzazione politica” (il Principe, il collettivo pensante e dirigente in termini gramsciani) nella sua duplice valenza di fattore, da un lato, di indispensabile razionalizzazione e centralizzazione, e, dall’altro lato, di potenza creativa ed inventiva, intesa cioè come costruzione del luogo, del corpo e del modo oggi più adeguati alla produzione ed al coinvolgimento di energie vitali e alla espressione della efficacia politica.
Della costruzione- in altri termini- della peculiare qualità della dimensione organizzata in grado – in parte – di prevedere le linee di sviluppo delle contraddizioni e di una domanda sociale sempre più pressante ma anche sempre più ricca e differenziata, pianificando e provvedendo un primo intervento di strumentazione e direzione politica e – in parte – di lasciarsi permeare ed accompagnare dallo sviluppo spontaneo dei conflitti e dalle forme creative, originali, flessibili, che le classi e gli individui si daranno nella loro autonoma ricerca.
La terza necessità riguarda perciò la costruzione di una unitaria, nuova, innovativa, adeguata Soggettività politica. Gli aggettivi non sono a caso.
Perché è evidente che, di fronte – in generale – alla distanza enorme, alla crisi devastante del rapporto fra politica e cittadini e – in particolare – allo stato preoccupante e allo stadio “ultimo” delle forze e delle forme politiche attuali a Sinistra, c’è bisogno delle seguenti decisioni:
1) Di un riferimento unitario, dotato, nella fase di ripartenza, di una minima massa critica in grado di arrestare la dispersione e la disgregazione in atto e di rendere possibile una stabilizzazione e una “messa in comune” delle ultime estreme risorse politico- organizzative di quadri militanti strutture, da cui procedere per alimentare un percorso di crescita;
2) Di una soggettività nuova, di una nuova Sovranità perché è altrettanto evidente che serva una operazione e una proposta inedita e totalmente aperta che, nell’immaginario collettivo, tracci una discontinuità, costituisca uno spartiacque con il passato, segni un inizio, un investimento rivolto al futuro, la apertura di una pagina nuova. Una nuova Sovranità che si ponga come luogo non solo e non tanto del già iscritto ad un partito o del militante di un movimento già organizzato (pur preziosi) ma sia capace di rivolgersi ed attrarre le tante persone senza tessera, senza appartenenze, prive di rappresentanza, che, pur nella crisi della politica, cercano e ancora non trovano, in una modalità partecipativa e stabile, una risposta ai loro interessi, alle loro domande, alla loro volontà di impegno.
È necessario offrire al cittadino una possibilità altra ed inedita, uno spazio vero e reale dentro cui possa pesare, contare, impegnarsi e non una casa già costruita e formalizzata a cui più o meno passivamente aderire. Occorre investire sulle nuove energie di entusiasmo e di partecipazione. In tal senso c’è bisogno – esattamente- di mettere in campo la proposta politica di un largo processo costituente di una nuova sovranità che agisca e si strutturi in modo democratico, sulla base delle adesioni individuali – una testa un voto – e che abbia piena titolarità sul programma, sulla rappresentanza, sulla organizzazione, sulle risorse (al di là della permanenza formale delle strutture partitiche e di movimento che generosamente contribuiscono all’inizio del processo);
3) Di una impresa innovativa perché, a partire dalla nuova sovranità, deve essere capace di tessere e costruire forme e relazioni, da un lato, ricche e flessibili e, dall’altro, potenti e durevoli. Capaci di aderire – come si diceva un tempo – ad ogni piega della società, di svilupparsi in ogni lotta, di stare in ogni “disponibilità” di spazio e di tempo politico-sociale, in contatto con strati sociali e culturali e con singole persone alla ricerca della soddisfazione della loro libertà, della loro autonomia, della loro affermazione, della loro liberazione in un fare collettivo e in un disegno comune (dalla vicinanza ai – ed dalla organizzazione dei – conflitti del lavoro, sociali, ambientali, territoriali, al mutualismo di un nuovo radicamento solidale, alla organizzazione economica di un nuovo modo di produrre, alla costruzione di centri e di istanze tematiche in grado di coinvolgere le disponibilità parziali e le competenze, “gli intellettuali” di un tempo, ecc, ecc);
4) Di un soggetto adeguato quanto a posizione strategica e a cultura politica. Adeguato perché radicale nella analisi, nell’orizzonte, nel “programma massimo” e dunque consapevole delle contraddizioni e delle rotture fondamentali da compiere sul corpo del sistema capitalistico e, al contempo, dotato di un equilibrio e di un profilo capaci di articolarle dialetticamente e processualmente, capaci di costruire via via consenso e forza con lotte e proposte basate sul “programma minimo”, su punti qualitativi, prioritari ed irrinunciabili in grado di operare rotture riformatrici e significative inversioni di tendenza (le riforme di struttura e gli elementi di socialismo di un tempo) dell’attuale quadro neoliberista.
Nel complesso un soggetto che pone quindi punti alti ed esigenti ma al tempo stesso credibili. Credibili – innanzitutto – agli occhi delle masse perché corrispondenti ai loro bisogni e alla forza effettiva di pressione di un determinato momento, e credibili perché incorporano una progettazione economico-sociale sostenibile, cioè dimostrabile e fattibile. Quindi un soggetto adeguato perché capace di una “sapienza” complessiva, in grado di tenere insieme strategia e politica, prospettiva e immediatezza, di aver contemporaneamente la testa fuori sul futuro e sull’obiettivo massimo e la testa -come si dice – sul merito, dentro il corpo a corpo quotidiano della contesa egemonica, della modifica processuale dei rapporti di forza, della produzione concreta dell’avanzamento della transizione. Occorreva (e occorre) por mano, per tempo e con la qualità indispensabile, alla costruzione di un soggetto di questo tipo.
Sta qui, in termini assolutamente generali, nei ritardi nel colmare questo vuoto e nell’assenza di un tale soggetto radicale e maturo, la radice di fondo – a nostro avviso – delle attuali difficoltà.
L’assenza – peraltro- di un soggetto adeguato delle forze della trasformazione ha fatto si che da anni mancasse una delle leve di direzione per provare ad avviare anche la soluzione politica dei drammatici problemi del Paese, per fornirgli anche solo uno sbocco politico minimamente razionale e funzionante. A differenza -ripetiamo- di ciò che si muove in Europa (pur in una situazione che resta difficile e aperta a più sbocchi) questa assenza è causa non ultima dello stato di incertezza e pericolo, dei rischi di ulteriore corrompimento e trasformismo della politica italiana, irrisolta, bloccata, “ingovernabile” dentro il traballante tripolarismo accentuato dall’attuale legge elettorale.
Un tripolarismo in bilico, al momento contrassegnato dalla forza non maggioritaria, ma permanente e pericolosa della destra, dalla equivoca, inadeguata e non autosufficiente occupazione del consenso da parte dei Cinque Stelle, dalla crisi evidente della centralità del PD, con un complessivo potenziale di aumento del marasma generale e/o di un approdo trasformistico, all’insegna della governabilità, che può produrre l’estenuazione della crisi. Una assenza, la sinistra, che dunque incide negativamente anche sul piano più direttamente elettorale e della conformazione del sistema politico.
La crisi del PD – in particolare – che è tanta parte della crisi politica del Paese, in assenza della iniziativa tempestiva, aggregativa e costituente della sinistra di alternativa, rischia purtroppo, da un lato, di disperdersi nell’astensionismo o peggio di preparare la strada all’avventura, e, dall’altro, ma probabilmente in minima parte, di scivolare e di essere catturata dalla ambiguità di Liberi e Uguali, che, per posizione strategica e per cultura politica, difficilmente potranno assolvere ad una funzione alternativa e ricostruttiva, di cui pure ci sarebbe bisogno, ed essere protagonisti del rinnovamento del sistema politico italiano. Nel migliore dei casi potranno ricostruire un PD derenzizzato e indebolito o allearsi con esso, riproducendo in sostanza le stesse condizioni – nel centro sinistra – che hanno contribuito a condurci all’attuale situazione e con le medesime conseguenze per le prospettive del Paese.
L’uscita dal PD di MDP, in una condizione diversa, segnata dal processo costituente già delineato e formato e in presenza dunque di un robusto punto di riferimento, poteva essere – certamente- un importante elemento di dislocazione di forze di sinistra moderata su un terreno più avanzato, divenendo interlocutore di un soggetto già costruito e autonomo, e avrebbe potuto arricchire -nella distinzione- la articolazione complessiva del campo democratico progressivo.
Oggi Liberi e Uguali, sotto egemonia MDP, invece rischia, nell’assenza del Soggetto in questione, di costituire un elemento di ambiguità politica (una modalità particolare di rivoluzione passiva) che, per un verso, incapsula forze potenzialmente alternative (un pezzo di Sinistra Italiana) impedendo loro di prendere coscienza e fare il loro mestiere sulla strada maestra, e, per un altro verso, preconizziamo, non sarà in grado nemmeno di svolgere la funzione che si sono autoassegnati.
Per tutto questo complesso di ragioni dunque – nel breve periodo – è difficile essere ottimisti ed è difficile riconoscerci e partecipare in modo pieno e organico alle attuali offerte politiche-elettorali.
E tuttavia sentiamo forte la necessità di non scartare, di dire la nostra anche sull’imminente prova elettorale, di operare una distinzione fra le due proposte a sinistra del PD, sulla base -fra le altre cose- di almeno due questioni essenziali e dirimenti sul piano politico (peraltro conseguenti alle impostazioni programmatiche che stanno emergendo).
Ci riferiamo alla questione del rapporto con il PD e della strategia del centro sinistra e al nodo della collocazione politica e parlamentare europea in vista anche delle elezioni europee del 2019.
Da ciò discendono due valutazioni-decisioni:
1) Non sosteniamo e non voteremo la lista Liberi e Uguali.
In primo luogo perché -in generale- ci sembra che la loro cifra strategica e politica di fondo non sia quella di un progetto – anche solo in prospettiva – che voglia andare ad incidere le fondamenta dell’attuale sistema capitalistico, che voglia porsi l’obiettivo della radicale messa in discussione dell’attuale modo di produzione (del modo di lavorare, consumare, vivere, basato sul profitto) che intenda dislocarsi sul fronte di una alternativa di società. In secondo luogo – in un discorso più propriamente politico – perché non ha affrontato e sciolto i nodi del centro sinistra e dell’alleanza con il PD per il dopo elezioni (come si verifica peraltro da subito nella vicenda delle elezioni regionali, per esempio nel Lazio, e nel mantenimento delle alleanze in tante amministrazioni locali) e perché non ha minimamente affrontato la questione della collocazione europea.
Al tempo stesso pensiamo che non siano nostri nemici. Riteniamo di essere diversi, distinti, concorrenti. Noi apparteniamo alla sinistra critica di alternativa, non moderata e non rinchiusa nel perimetro, sempre più asfittico, del Partito del Socialismo Europeo, spesso subalterno o addirittura coprotagonista in questi anni delle politiche austeritarie, neoliberiste, privatrizzatrici, compressive e svalutative del lavoro (e tanto meno dell’Internazionale Socialista). Il nostro riferimento è il Gruppo Parlamentare del GUE e il Partito della Sinistra Europea.
Si possono fare naturalmente, laddove emergessero serie revisioni critiche e su base programmatica, tratti di strada comuni, battaglie unitarie nel Parlamento e nel Paese, ipotizzare e stringere anche rapporti di alleanza ma -appunto- fra forze diverse, politicamente distinte e consapevoli di appartenere a due campi diversi.
2) D’altra parte due seri limiti, riguardanti sia il profilo necessario di una forza al contempo radicale e matura sia la mancata assunzione e definizione precisa del tema della costituente di una soggettività sovrana, costituiscono il versante critico dell’attuale proposta della lista Potere al Popolo che ci fa decidere per una non piena ed organica partecipazione alla sua costruzione ed organizzazione elettorale. Tuttavia avvertiamo che li si sono radunati entusiasmi, energie ed orientamenti di giovani, lavoratori, precari, disoccupati e forze critiche che rappresentano un pezzo importante della parte a cui ci sentiamo di appartenere e dunque della “barricata elettorale” a cui autonomamente e criticamente vogliamo recare il nostro contributo.
Voteremo Potere al Popolo. lo voteremo e rendiamo pubblico il nostro appello. Sempre però con in testa l’obiettivo, subito dopo le elezioni, di avviare il processo costituente di una nuova soggettività sovrana aprendo l’interlocuzione e coinvolgendo altre forze e altri singoli dell’area antiliberista e alternativa (l’Altra Europa con Tsipras, il Brancaccio, altre forze di movimento oggi incerte) e la stessa area di Sinistra Italiana dentro cui energie e quadri, rompendo l’incapsulamento e l’ipoteca in cui sono caduti ad opera delle forze che si riferiscono a MDP (anche all’esito di un non brillante risultato elettorale) possono rimettersi in movimento e confluire nel percorso, per loro più naturale, dell’alternativa e contribuirvi in modo sostanziale.
L’apertura ad altre forze, oltre l’attuale area di Potere al Popolo, e la costruzione di un soggetto sovrano e maturo sono per noi punti imprescindibili. Continuiamo a credere e a lavorare per questo progetto. Serve alla Sinistra, all’Italia, all’Europa.
Ancona, 15 Gennaio 2018
PRIMI FIRMATARI:
Alejandra Arena
Bacchiocchi Isidoro
Barrile Emiliana
Barrile Raimondo detto Oskar
Bartolucci Manuela
Burattini Maurizio
Cardinali Nicoletta
Casadei Anna Maria
Casagrande Attilio
Cittadini Sandro
Cognini Matteo
D’Orazio Anna Maria
Foglia Maurizio
Gherardi Samuele
Massimo Lancia
Francesca Moretti
Edoardo Mentrasti
Barbara Paradiso
Paolo Pascucci
Giuseppe Postacchini
Francesco Rubini
Angelo Santicchia
Nicola Sciulli
Sergio Zampini